Ricorso   della   provincia  auonoma  di  Trento,  in  persona  del
 Presidente  della  giunta   provinciale   pro-tempore   dott.   Carlo
 Andreotti,  autorizzato  con deliberazone della giunta provinciale n.
 97 del 15 gennaio 1999 (all. 1  rappresentata  e  difesa  -  come  da
 procura  speciale  del  19 gennaio 1999 (n. 22767 di rep.) rogata dal
 dott. Tommaso Sussarellu  in  qualita'  di  ufficiale  rogante  della
 stessa  (all.  2)  -   dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e
 Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma  presso  lo  studio
 dell'avv. Manzi, via Confalonieri, 5;
   Contro   il   Presidente   del   Consiglio   dei  Ministri  per  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt.  1,  comma
 1;  3,  comma 5; 4, comma 3; 12; 14, comma 6, della legge 15 dicembre
 1998,  n.    441,  concernente  "Norme  per  la   diffusione   e   la
 valorizzazione    dell'imprenditoria   giovanile   in   agricoltura",
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 298,  del  22
 dicembre  1998  per  violazione  dell'art.  8, nn. 21) e 29), nonche'
 dell'art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n.    670  e  delle  relative
 norme  di  attuazione,  ed in particolare dell'art.   4 del d.lgs. 16
 marzo 1992, n. 266.
                               F a t t o
   La  provincia autonoma di Trento dispone, ai sensi dell'art. 8, nn.
 21) e 29) dello statuto  di  autonomia  e  delle  relative  norme  di
 attuazione,   di   potesta'   legislativa   primaria  in  materia  di
 agricoltura e di formazione professionale. Essa dispone  inoltre,  ai
 sensi   dell'art.     16  dello  Statuto,  delle  correlate  potesta'
 amministrative.
   Nell'esercizio di tali potesta' la provincia ha tra l'altro, con la
 1egge provinciale 31 agosto 1981, n. 17,  disciplinato  organicamente
 gli  interventi  di valorizzazione e di promozione dell'imprenditoria
 giovanile in  agricoltura,  prevedendo,  in  particolare,  interventi
 agevolativi  a favore del primo insediamento dei giovani imprenditori
 agricoli e corsi per la qualificazione  professionale  dei  medesimi.
 La legge provinciale n. 17 del 1981 e' stata in seguito modificata da
 altre leggi provinciali e ripubblicata nel B.U. della regione s.o. n.
 1 del 1 ottobre 1996.
   In  particolare,  l'art.  26  di tale legge, quale risultante dalle
 predette modifiche (all. 3) disciplina per la provincia  autonoma  di
 Trento  -  come ricorda il comma 1 - gli "aiuti speciali per il primo
 insediamento di cui al regolamento C.E.E. n.  2328/91".  Il  comma  2
 dello  stesso  articolo  dispone  che i criteri e le modalita' per la
 concessione degli aiuti  siano  stabiliti  dalla  giunta  provinciale
 nell'ambito  della programmazione delle iniziative prevista dall'art.
 4 del testo unico. Tali  modalita'  sono  attualmente  fissate  dalla
 deliberazione della giunta provinciale 27 gennaio 1995, n. 780, a sua
 volta in seguito modificata, da ultimo con deliberazione della giunta
 provinciale n. 8326 del 3 luglio 1998 (all. 4).
   La  provincia  e'  inoltre intervenuta nel settore della formazione
 professionale in agricoltura con disposizioni legislative costituenti
 attualmente gli artt. 44 e 45 del "Testo unico delle disposizioni  di
 cui  alla  legge  provinciale  26  novembre  1976, n. 39 e successive
 modificazioni  ed  integrazioni",  approvato  con deliberazione della
 giunta provinciale 22 dicembre 1988, n. 16561 ed ulteriori successive
 modifiche (all. 5).
   Nelle stesse materie interviene ora la legge  statale  15  dicembre
 1998,  n.  441,  rivolta  a disciplinare la concessione di interventi
 agevolativi a favore dei giovani imprenditori agricoli nell'ambito di
 quanto disposto dal citato regolamento C.E. n. 950/1997 del Consiglio
 del 20 maggio 1997, e in particolare dal titolo III di esso, dedicato
 appunto alle "Misure specifiche a favore dei giovani agricoltori".
   Conviene tuttavia ricordare che tale rego1amento non e'  altro  che
 lo  stesso  regolamento  C.E.E.  n.  2328/1991  del Consiglio, del 15
 luglio  1991,  relativo  al   miglioramento   dell'efficienza   delle
 strutture  agrarie  -  cioe'  quello  gia' attuato dalla citata legge
 provinciale - e che la "rifusione  delle  disposizioni"  si  e'  resa
 necessaria,  come detto nel primo "considerando" del regolamento 950,
 per il fatto che il primo era stato "modificato  ripetutamente  e  in
 modo sostanziale".
   Precisamente,   l'art.   10   del  "nuovo"  regolamento  dispone  -
 analogamente al corrispondente art. 10 del precedente - che gli Stati
 membri possano "concedere aiuti per il primo insediamento ai  giovani
 agricoltori  che  non hanno ancora compiuto 40 anni", alle condizioni
 di seguito specificate al comma 1  (che  il  giovane  agricoltore  si
 insedi  in  un'azienda agricola in qualita' di capo dell'azienda; che
 si insedi  come  agricoltore  a  titolo  principale  o  eventualmente
 ricorrendo   certi   requisiti   anche  a  titolo  parziale;  che  la
 qualificazione professionale del  giovane  agricoltore  raggiunga  un
 livello  sufficiente al momento dell'insediamento o al piu' tardi due
 anni dopo l'insediamento; che l'azienda agricola richieda  un  volume
 di  lavoro  equivalente  almeno  ad  una  ULU, e che tale volume deve
 essere raggiunto al piu' tardi due anni dopo l'insediamento).
   Il comma  2  stabilisce  che  gli  aiuti  all'insediamento  possono
 consistere  o  in  un  premio  unico  entro  un  importo  massimo  (o
 eventualmente in sostituzione in un abbuono d'interessi equivalente),
 oppure in un abbuono d'interessi per i prestiti contratti per coprire
 le spese derivanti dall'insediamento,  per  periodi  e  entro  limiti
 determinati.   Inoltre, gli Stati membri possono versare, sotto forma
 di sovvenzione, l'equivalente dell'abbuono che risulta dall'entita' e
 dalla durata dei prestiti contratti.
   Il comma 3 prevede che gli Stati membri definiscano  le  condizioni
 dell'insediamento,  le  condizioni  specifiche  nel  caso  in  cui il
 giovane agricoltore non si insedi nell'azienda  come  unico  capo  di
 essa  (e  in particolare vi si insedi nel quadro di associazioni o di
 cooperative il cui oggetto principale e'  la  gestione  di  un'azieda
 agricola),  la  qualificazione  professionale  agricola  richiesta al
 momento   dell'insediamento   o   entro   i   due   anni   successivi
 all'insediamento  stesso nonche' infine le modalita' secondo le quali
 si verifica che il volume di lavoro equivalente ad almeno una ULU  e'
 stato    raggiunto   entro   il   termine   massimo   di   due   anni
 dall'insediamento.
   L'art. 11 del regolamento n.  950  stabilisce  poi  che  gli  Stati
 membri  possono concedere ai giovani agricoltori che non hanno ancora
 raggiunto i 40  anni  un'aiuto  supplementare  per  gli  investimenti
 previsti  nel  quadro di un piano di miglioramento materiale, pari al
 massimo al 25% dell'aiuto concesso in forza dell'art. 7, paragrafo 2,
 a  condizione  che  il  giovane  agricoltore  presenti  il  piano  di
 miglioramento entro cinque anni dal suo insediamento e che  egli  sia
 in  possesso  della  qualificazione professionale di cui all'art. 10,
 paragrafo 1.
   E' importante precisare che, come in  diritto  comunitario  risulta
 ovvio,  il  rinvio  a  definizioni degli "Stati membri" non significa
 affatto che  tali  decisioni  debbano  essere  prese  da  tali  Stati
 unitariamente  a livello nazionale, ma semplicemente che si tratta di
 facolta' non precluse dalla normativa comunitaria  o  di  compiti  da
 essa  previsti,  che  ogni  Stato  membro  svolgera' al livello e nei
 termini che il suo ordinamento  costituzionale  gli  consente  o  gli
 impone,  e  con i livelli di uguaglianza o di differenziazione locale
 in  esso  previsti.  Non  esiste  affatto,  in  questi  termini,  una
 prescrizione comunitaria di omogeneita' nazionale.
   La  legge  statale  che contiene le disposizioni qui impugnate reca
 ora una compiuta disciplina per la  diffusione  e  la  valorizzazione
 dell'imprenditoria  giovanile  in agricoltura. L'art. 1 (Princi'pi ed
 obiettivi) afferma  che  la  "presente  legge,  le  cui  disposizioni
 costituiscono  norme  fondamentali di riforma economico-sociale della
 Repubblica, ha lo scopo, nel quadro delle normative  comunitarie,  di
 promuovere  e  di  valorizzare  l'imprenditoria giovanile nel settore
 agricolo,  con  particolare  riferimento  all'insediamento  ed   alla
 permanenza  di  giovani  agricoltori  che  non  hanno ancora compiuto
 quaranta anni" (comma 1), e che "il  primo  insediamento  di  giovani
 agricoltori,  che  non hanno ancora compiuto i quaranta anni, secondo
 quanto stabilito dal regolamento (C.E.) n. 950/97 del Consiglio,  del
 20   maggio  1997,  costituisce  obiettivo  primario  della  politica
 agricola del Paese  e  conseguentemente  dei  programmi  di  sviluppo
 agricolo,  agroindustriale e forestale adottati a livello nazionale e
 dalle istituzioni regionali" (comma 2).
   Di seguito sono dettate una serie di  disposizioni  che  precisano,
 integrano  e  sviluppano  la  disciplina  comunitaria, o che comunque
 finalizzano alla valorizzazione dell'imprenditorialita' giovanile  in
 agricoltura  taluni  benefici  -  anche diversi da quelli considerati
 allo stesso scopo dal regolamento C.E., sopra  ricordato  -  comunque
 consentiti   dalla   normativa   comunitaria.   Tale   disciplina  e'
 espressamente destinata a  costituire  il  contesto  normativo  degli
 interventi  concreti,  che  rimangono  in  via generale di competenza
 delle regioni.
   Cosi' (per quanto interessa le regioni e la  ricorrente  provincia)
 l'art  2  individua i destinatari prioritari degli interventi ex art.
 10 regolamento C.E.; l'art 3  determina  ulteriori  priorita'  tra  i
 destinatari e modalita' per la determinazione del reddito agricolo,
  nonche'  regole  e presupposti per la formazione professionale degli
 agricoltori in relazione agli aiuti; l'art. 4 prevede  (al  di  fuori
 dell'ambito  attuativo    proprio del regolamento comunitario n. 950)
 compiti della Cassa per la formazione della proprieta'  contadina  in
 favore  dei  giovani  agrcoltori,  tra  i quali attivita' svolte alla
 ristrutturazione fondiaria; l'art. 5 promuove lo  sviluppo  aziendale
 dei  giovani  agricoltori  mediante lo strumento del finanziamento da
 parte delle regione di piani di miglioramento (ponendo in relazione a
 cio' requisiti di formazione e altre  regole);  l'art.  6  stabilisce
 (nell'ambito  dei  regimi  di  limitazione  produttiva in agricoltura
 stabiliti dall'Unione europea) riserve  di  quote  di  produzione  da
 ripartire  tra  le  regioni per la successiva assegnazione ai giovani
 agricoltori, e detta regole per tale assegnazione;  l'art.  7  impone
 alle    regioni,    nell'ambito   delle   azioni   finalizzate   alla
 ricomposizione fondiaria  con  obiettivi  di  riqualificazione  nella
 gestione   sostenibile  delle  risorse  territoriali,  una  priorita'
 nell'uso  dei  fondi  in  favore  di  imprese  condotte  da   giovani
 agricoltori;  l'art. 9 prevede e disciplina i servizi di sostituzione
 da promuovere  da  parte  delle  regioni  mediante  riconoscimento  e
 erogazione  di  incentivi alle associazioni costituite in maggioranza
 da giovani agricoltori che non hanno ancora compiuto i quaranta anni;
 l'art. 11 prevede  che  le  regioni  eroghino,  anche  attraverso  le
 societa' finanziarie regionali, contributi ai fondi rischi consortili
 gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi; l'art. 12 affida al
 Ministro  per le politiche agricole il compito di attuare campagne di
 informazione per pubblicizzare  in  maniera  idonea  le  disposizioni
 della  legge;  l'art. 14, oltre a contenere disposizioni fiscali (che
 qui non vengono in considerazione), prevede che il Governo disciplini
 con regolamento le modalita' di concessione ai giovani agricoltori di
 cui  alla  presente  legge   degli   aiuti   all'introduzione   della
 contabilita'  previsti  dall'art. 3 del citato regolamento (C.E.)  n.
 950/1997.
   Come emerge da quanto esposto la normativa recata  dalla  legge  n.
 441  del  1998, pur collocandosi in un ambito disciplinato al livello
 comunitario,  consiste  in  disposizioni  che  vanno   oltre   quanto
 strettamente previsto o implicato dal citato regolamento comunitario,
 e  dunque  si  configurano  come disciplina prettamente nazionale. Si
 vuole sottolineare, in particolare, che nella  normativa  comunitaria
 di  riferimento  non esiste alcun elemento che esiga o anche soltanto
 suggerisca che le scelte contenute in tale legge debbano,  dal  punto
 di  vista  comunitario,  corrispondere  ad  una  disciplina nazionale
 unitaria.
   In assenza di  qualsivoglia  vincolo  comunitario,  risulta  dunque
 chiaro  ed  evidente  che i rapporti tra la disciplina nazionale e le
 autonomie regionali e provinciali sono soggetti alle consuete  regole
 di  riparto  dei poteri e dei compiti poste dalla Costituzione, dagli
 statuti  delle  autonomie  speciali  e  dalle   relative   norme   di
 attuazione.
   In  particolare,  trattandosi  di intervento legislativo in materia
 nella quale, come detto, la provincia autonoma di Trento  dispone  di
 potesta' legislativa primaria, viene qui in considerazione preminente
 il  limite  delle  norme fondamentali delle riforme economico-sociali
 della Repubblica", quale previsto dall'art. 4, comma 1, dello statuto
 (richiamato per le potesta' provinciali primarie dall'art.  8,  comma
 1).
   E'  in pratica in relazione a tale limite che la provincia autonoma
 di Trento  dovrebbe  adeguare  la  propria  legislazione  alla  nuova
 disciplina  statale, nei termini puntualmente previsti dalle norme di
 attuazione di cui all'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
   Tale situazione statutaria non e' di per se' negata dalla legge che
 forma oggetto della presenta impugnazione, la quale tuttavia  risulta
 restrittiva   dell'autonomia   legislativa  ed  amministrativa  della
 ricorrente provincia in quanto da una parte,  all'art.  1,  comma  1,
 attribuisce a tutte le disposizioni contenute nella medesima legge la
 natura  di  norme  fondamentali di riforma economico-sociale (venendo
 cosi' in pratica a disporre un  obbligo  di  adeguamento  a  ciascuna
 singola disposizione contenuta nella legge statale), dall'altra nelle
 rimanenti  disposizioni  qui  impugnate  attribuisce ad organi o enti
 statali poteri e compiti  di  intervento  che  spettano  invece  alla
 provincia   autonoma,   o  il  cui  esercizio  e'  incompatibile  con
 l'autonomia ad essa assicurata dallo statuto.
    Tali  disposizioni  risultano  percio'  lesive  dello  statuto  ed
 illegittime per le seguenti ragioni;
                             D i r i t t o
   1.   -   Illegittimita'   costituzionale   dell'art  1,  in  quanto
 attribuisce a tutte le  disposizioni della legge il valore  di  norme
 fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
    Come  ricordato  in  narrativa,  l'art. 1, comma 1, della legge n.
 441 del 1998 esordisce affermando che in genere "le disposizioni"  in
 essa   contenute   "costituiscono   norme   fondamentali  di  riforma
 economico-sociale della Repubblica".
   Cosi' facendo essa non si limita alla enunciazione degli obbiettivi
 e principi ispiratori della legge (come  pure  avviene  nel  contesto
 dello  stesso  art.  1, la' dove si afferma che la legge "ha lo scopo
 ... di promuovere e  di  valorizzare  l'imprenditoria  giovanile  nel
 settore agricolo", e che il primo insediamento di giovani agricoltori
 "costituisce  obiettivo  primario della politica agricola del Paese e
 conseguentemente dei programmi di sviluppo agricolo,  agroindustriale
 e   forestale  adottati  a  livello  nazionale  e  dalle  istituzioni
 regionali"), ma attribuisce alle sue disposizioni - a  tutte  le  sue
 disposizioni  -  un  preciso  carattere costituzionale, rilevante nei
 rapporti tra legislazione statale e legislazione regionale: non  puo'
 sfuggire  infatti  la perfetta corrispondenza tra l'espressione della
 disposizione qui impugnata e la formulazione (per quanto riguarda  la
 ricorrente   provincia)  dell'art.  4,  comma  1,  dello  statuto  di
 autonomia,  secondo  la  quale  le  leggi  regionali  (e   le   leggi
 provinciali  in  virtu'  del  richiamo compiuto dall'art. 8, comma 1)
 sono vincolate tra l'altro  al  rispetto  delle  "norme  fondamentali
 delle riforme economico-sociali della Repubblica".
   Ora,  puo'  restare in questa sede impregiudicata la questione se -
 posta comunque la vigenza immediatamente precettiva  dei  regolamenti
 comunitari,  sia nella versione dell'originario regolamento C.E.E.  n
 2328/1991  che  nella  versione  dell'attuale  regolamento  C.E.   n.
 950/1997  -  la legge statale n. 441 del 1998 presenti in qualche sua
 parte o principio quei caratteri di profonda innovazione che, secondo
 i  parametri  riconosciuti  ed  applicati  da  codesta  ecc.ma  Corte
 costituzionale,  ne  richiedano  la  qualicazione in termini di norma
 fondamentale di  riforma  economico-sociale;  quello  che  va  invece
 affermato  e'  che  certamente  una simile autoqualificazione non dei
 principi ispiratori ma in genere delle "disposizioni" della  legge  -
 disposizioni  molte  delle  quali  hanno un innegabile1e carattere di
 precisazione di dettaglio - risulta illegittima.
   Conviene  ricordare  che  uguale  problema   gia'   si   e'   posto
 all'attenzione  di  codesta  ecc,ma Corte costituzionale nel giudizio
 sulla legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2,  della  legge
 il  febbraio  1994, n. 109, il quale pure, con la stessa formulazione
 qui  contestata,  stabiliva che "le disposizioni della presente legge
 costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale".
   Con la sentenza n. 482 del 1995 codesta ecc.ma  Corte,  dopo  avere
 premesso  che, "nel contesto di una incisiva riforma, la qualifica di
 fondamentale, da attribuire alle norme della nuova  disciplina,  puo'
 derivare  dal  costituire  esse  un  elemento essenziale alla riforma
 economico-sociale, in quanto la caratterizzano o formano la base  del
 suo  viluppo normativo", rilevava che "non tutte le disposizioni, ne'
 il loro compiuto tenore letterale, costituiscono "norme  fondamentali
 di  riforma  economico-sociale"  e "principi della legislazione dello
 Stato" ma solo i nuclei essenziali del contenuto normativo che quelle
 disposizioni  esprimono,  per  i  principi  enunciati   o   da   esse
 desumibili" (punto 4 in diritto).
    La sentenza precisava ancora che "1a distinzione non si risolve in
 una  mera  chiarificazione  espressiva  o  nominalistica"  e che essa
 invece "tocca il livello della  legittimita'  costituzionale  e  deve
 essere  manifestata  nella  legge  per escludere che tutte le singole
 disposizioni e tutti i  loro  contenuti  normativi  costituiscano  un
 vincolo per la legislazione regionale"; e ne concludeva che dunque la
 disposizione  impugnata  doveva  essere dichiarata costituzionalmente
 illegittima "nella parte in cui  prescrive  che  costituiscono  norme
 fondamentali   di   riforma   economicosociale   e   principi   della
 legislazione dello Stato  "le  disposizioni  della  presente  legge",
 anziche'   solo  "i  principi  desumibili  dalle  disposizioni  della
 presente legge" (ivi).
    Ad avviso della ricorrente provincia identica e' qui la situazione
 normativa, ed identica pronuncia essa chiede di adottare,
   2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 5, in  quanto
 autorizza il Ministro ad interferire con la gestione della formazione
 professionale.
    Accanto  alla  illegittimita'  della  generale qualificazione come
 norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale   delle   proprie
 disposizioni,  la  ricorrente  provincia  deve altresi' lamentare che
 altre specifiche disposizioni attribuiscono ad organi o enti  statali
 poteri  e  compiti  di  intervento che spettano invece alla provincia
 autonoma, o il cui esercizio e' incompatibile con l'autonomia ad essa
 assicurata dalla statuto.
   Naturalmente, la lesione verrebbe meno se si potesse  ritenere  che
 siffatte  disposizioni  non  si applicano nel territorio provinciale:
 ma in mancanza di qualunque espressa previsione in tale senso, ed  in
 presenza  anzi  della  qualificazione  di tutte le disposizioni quali
 norme fondamentali di riforma, sembra si debba in via  interpretativa
 ritenere  l'opposta opinione che tali disposizioni siano destinate ad
 avere anche nella provincia di Trento globale (anche se come si dira'
 incostituzionale) applicazione.
   Dispone in primo luogo l'art.  3,  comma  5,  che  "allo  scopo  di
 realizzare  percorsi formativi finalizzati all'inserimento lavorativo
 in agricoltura dei giovani laureati o diplomati, il Ministro  per  le
 politiche  agricole,  d'intesa  con  le  regioni,  e'  autorizzato  a
 stipulare accordi o convenzioni con  istituti  di  istruzione,  anche
 universitaria,  con  altri  enti  di  formazione  e  con gli ordini e
 collegi degli agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari per  lo
 svolgimento   di   corsi  orientati  alla  preparazione  dei  giovani
 agricoltori".  La  disposizione  precisa  che  per tale finalita' "e'
 autorizzata la spesa nel limite  di  un  miliardo  di  lire  annue  a
 decorrere dal 1999".
   Non  puo'  esser  dubbio  che  siffatto  intervento rientra a pieno
 titolo nella materia  della  formazione  professionale,  nella  quale
 pure, come in agricoltura, la provincia autonoma di Trento dispone di
 potesta'  primaria - esercitata come ricordato in narrativa - e della
 corrispondente potesta'  amministrativa:  in  effetti,  lo  scopo  di
 "realizzare    percorsi    formativi    finalizzati   all'inserimento
 lavorativo"  costituisce  una  definizione  quasi  perfetta  di  tale
 materia.
   L'intervento   attraverso  il  quale  il  Ministero  deciderebbe  e
 finanzierebbe lo svolgimento di corsi non ha alcuna  giustificazione,
 ne'  alcuna  giusticazione  e  tentata  dalla  stessa  legge. Esso si
 traduce in una pura ingerenza  nelle  funzioni  amministrative  della
 provincia,  violando  i principi statutari ed in particolare le norme
 di attuazione di cui al decreto legislativo n. 266 del 1992:  sia  il
 comma 1 dell'art.  4, ove si dispone che "nelle materie di competenza
 propria  della  regione  o delle province autonome  la legge non puo'
 attribuire agli organi statali funzioni amministrative ... diverse da
 quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative
 norme di attuazione", sia il comma 3 dello stesso  articolo,  ove  si
 stabilisce  aggiuntivamente che "le amministrazioni statali, comprese
 quelle autonome, e  gli  enti  dipendenti  dallo  Stato  non  possono
 disporre   spese   ne'   concedere   direttamente  o  indirettamente,
 finanziamenti o contributi per attivita' nell'ambito  del  territorio
 regionale o provinciale".
   Si  noti  che  la lesione non viene meno per il fatto che l'art. 3,
 comma  5,  della  legge  n.  44/1998  richiede  che   tale   funzione
 ministeriale  si  eserciti  "d'intesa con le regioni". In effetti, il
 diniego della intesa su una proposta specifica non costituisce  certo
 l'ordinario  strumento  di  tutela della propria esclusiva competenza
 costituzionale.  Al contrario, una volta riconosciuta come  legittima
 la  competenza ministeriale, l'intesa potrebbe essere negata soltanto
 per specifiche ragioni di merito della singola iniziativa.
   Inoltre, l'interesse della provincia  non  puo'  dirsi  soddisfatto
 dalla  sola  possibilita' di "impedire" in concreto l'esercizio della
 competenza  statale,  ma  richiede  che  il  disegno  astratto  delle
 competenze sia conforme allo statuto ed alle norme di attuazione.
   3.  - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3, in quanto
 autorizza  il  Ministro  ad  interferire  con   la   gestione   della
 ricomposizione fondiaria.
    L'art.  4  della  legge  n.  441/1998  affida  alla  cassa  per la
 formazione della proprieta' contadina, tra  l'altro,  il  compito  di
 realizzare programmi di ricomposizione fondiaria di terreni.
   Precisamente, esso dispone che "la cassa puo' realizzare, altresi',
 programmi  di  ricomposizione fondiaria dei terreni resi disponibili,
 organizzando la cessione e l'ampliamento delle  aziende  agricole  ai
 sensi degli artt. 6 e 7 del citato regolamento (C.E.E.) n. 2079/1992,
 a  favore  di  giovani  agricoltori  che  non hanno ancora compiuto i
 quaranta anni in possesso della qualifica di imprenditore agricolo  a
 titolo principale o di coltivatore diretto e di giovani che non hanno
 ancora  compiuto  i  quaranta anni che intendano esercitare attivita'
 agricola a  titolo  principale,  a  condizione  che  acquisiscano  la
 qualifica   di   imprenditore  agricolo  a  titolo  principale  o  di
 coltivatore  diretto  entro  ventiquattro  mesi  dalla   cessione   o
 dall'ampliamento".
   Anche in questo caso converra' ricordare che nulla, nel regolamento
 comunitario  n.  2079/1992, richiede una gestione centralizzata degli
 interventi, o comunque una gestione ad opera di  organismi  nazionali
 degli  Stati membri, o comunque una alterazione dell'ordinario regime
 delle competenze amministrative.
   Percio', anche l'attribuzione dei compiti in esame alla  cassa  per
 la  formazione  della proprieta' contadina costituisce violazione dei
 principi statutari sull'autonomia  amministrativa  e  in  particolare
 dell'art. 4, comma 1, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
   4.  -  Illegittimita'  costituzionale dell'art. 12, commi 1 e 2, in
 quanto affida al Ministro il compito di divulgare  presso  i  giovani
 agricoltori i contenuti della sola legge n. 441/1998.
   L'art.  12  della  legge  n.  441/1998 fa carico al Ministro per le
 politiche agricole  (di  concerto  con  il  Ministro  della  pubblica
 istruzione,  sentiti  la conferenza   Stato-regioni, i rappresentanti
 delle organizzazioni agricole  giovanili  rappresentative  a  livello
 nazionale e i rappresentanti degli ordini e collegi professionali del
 settore   agricolo)   della   attuazione   di   "mirate  campagne  di
 informazione per pubblicizzare  in  maniera  idonea  le  disposizioni
 della  presente  legge"  (comma  1).    Tali  campagne  devono  avere
 argomenti e contenuti "idonei ad accrescere la diffusione dei temi  a
 carattere  agricolo  e  rurale  nel  dibattito culturale del Paese, a
 ridare prestigio e valore  alla  cultura  agricola  e  ad  accrescere
 l'interesse dei giovani verso il settore primario, le sue professioni
 e i lavori agricoli in genere" (comma 2).
   Per  quanto  possano  essere dubbie l'utilita' di siffatte campagne
 ministeriali e la congruita' della conseguente  spesa,  la  provincia
 autonona  di  Trento non intende mettere in questione la liberta' del
 Parlamento di disporre una simile attivita'.
   Cio' che qui viene contestato  e'  invece  il  doppio  profilo  del
 contenuto   informativo   che   la   legge  prevede,  e  del  livello
 territoriale di svolgimento di  tali  "campagne".  Da  una  parte  la
 ricorrente   provincia   ritiene  che  la  complessita'  del  sistema
 costituzionale, e delle interazioni tra legge statale e leggi locali,
 ma anche lo specifico ambito di autonomia  garantito  in  particolare
 alle   leggi   provinciali,   escluda   che   possano  legittimamente
 pubblicizzarsi allo stesso livello  nazionale  le  sole  disposizioni
 della  legge  n.  441/1998,  inducendo  negli  interessati  la  falsa
 opinione (o peggio la falsa  aspettativa)  che  si  tratti  di  legge
 applicabile   direttamente  e  negli  stessi  termini  letterali  nel
 territorio  provinciale,  in   luogo   delle   corrispondenti   leggi
 provinciali.
   5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 6.
   L'art.  14, comma 6, della legge n. 441/1998, autorizza il Governo.
 a disciplinare con proprio regolamento "le modalita'  di  concessione
 ai  giovani  agricoltori  di  cui  alla  presente  legge  degli aiuti
 all'introduzione della contabilita' previsti dall'art. 13 del  citato
 regolamento (C.E.)  n. 950/1997", precisando che "per le finalita' di
 cui al presente comma e autorizzata la spesa nel limite di 2 miliardi
 di lire per il 1999 e di 3 miliardi di lire a decorrere dal 2000".
   Si  noti  che  si  tratta  di una disposizione chissa' come intrusa
 nell'art. 14, che ha  per  titolo  -  e  nei  rimanenti  commi  anche
 effettivo   oggetto  -  Disposizioni  fiscali;  laddove  il  comma  6
 all'evidenza non riguarda un profilo  fiscale,  ma  semplicemente  un
 incentivo alle imprese.
   Sia  la  competenza  statale - e per giunta regolamentare, cioe' di
 una fonte non  idonea  alla  disciplina  vincolante  per  regioni  di
 materie  loro  costituzionalmente spettanti (cfr. ancora tra le altre
 la sentenza n. 482 del 1995) - prevista per tale  normativa,  sia  la
 previsione  di  spesa  di 2 e 3 miliardi (previsione che risulterebbe
 incomprensibile  se  si  trattasse  soltanto   di   provvedere   alla
 disciplina)  dimostrano che il legislatore della legge n. 441/1998 ha
 inteso tale materia come materia riservata allo Stato.
   E' tuttavia evidente che anche gli aiuti  alla  introduzione  della
 contabilita'  non  sono  altro  che un particolare tipo di aiuti alle
 imprese agricole, e dunque danno luogo ad una funzione amministrativa
 rientrante pienamente nella competenza provinciale.
   L'art. 13 del regolamento (C.E.) n. 950/1997,  d'altronde,  dispone
 bensi'   che  "gli  Stati  membri  possono  istituire  un  regime  di
 incentivazione  all'introduzione  della  contabilita'  nelle  aziende
 agricole",  disciplinandone  di seguito il regime: ma tale regime non
 comprende ne' una necessaria riserva allo  Stato  per  la  disciplina
 degli  aiuti  ne'  - si potrebbe dire meno ancora - la concessione di
 tali aiuti da parte di operatori nazionali.
   In  conclusione,  anche   il   comma   6   dell'art.   14   risulta
 illegittimamente  invasivo  delle  competenze  provinciali  in quanto
 senza alcuna salvezza delle  predette  competenze  o  delle  autonome
 discipline legislative attribuisce ad organi statali poteri o compiti
 spettanti alla provincia.